Notule
(A cura di
LORENZO L. BORGIA & ROBERTO COLONNA)
NOTE E NOTIZIE - Anno XVI – 02 febbraio 2019.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org
della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia”
(BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi
rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente
lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di
pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei
soci componenti lo staff dei
recensori della Commissione Scientifica
della Società.
[Tipologia del testo: BREVI INFORMAZIONI]
Nuove importanti acquisizioni
sull’adrenoleucodistrofia associata al cromosoma X (X-ALD). L’esatta fisiopatologia in
rapporto alla gravità e alle variazioni fenotipiche della X-ALD, in particolare
tra adrenomieloneuropatia (AMN) e adrenoleucodistrofia cerebrale dell’infanzia
(CCALD), non era stata finora chiarita. Lee e colleghi, mediante un’analisi trascrittomica
e lipidomica, hanno identificato contrassegni metabolici distintivi che
consentono di distinguere tra AMN, CCALD e volontari sani di controllo. Lo
studio ha dimostrato che lo squilibrio omeostatico delle complesse reti
lipidiche può essere patogeneticamente importante nella X-ALD e le particolari
de-regolazioni di TG e CER possono influenzare la differente gravità di CCALD
da un paziente all’altro di X-ALD. [Lee D. K., et al., Biochem Biophys Res
Commun. 508 (2): 563-569, 2019].
CTRP9 (C1q/TNF-related protein 9)
quale nuovo bersaglio terapeutico per l’ictus ischemico. Dopo un’attenta revisione degli
studi recenti, Yang e colleghi propongono CTRP9, che ha un ruolo cruciale nella
patogenesi della malattia aterosclerotica coronarica, quale nuovo potenziale biomarker e target per il trattamento farmacologico dell’ictus cerebrale
ischemico. [Yang C., et al. J Neurosci Res. 97 (2): 128-136, 2019].
Nuovi biomarker di funzione cognitiva indipendenti dalla diagnosi
psichiatrica. Ricercatori dei Dipartimenti di Psichiatria dell’Università di Toronto e
della UCLA hanno cercato dei contrassegni distintivi di attività cerebrale
basandosi su criteri biologici e comportamentali, invece che
clinico-diagnostici (DSM-5), per superare il problema dell’eterogeneità
psicopatologica nelle stesse categorie diagnostiche, cui fa spesso riscontro
quello dei tratti neurofunzionali comuni fra disturbi diversi. Le immagini fMRI
del cervello durante prove standard hanno fornito quadri di attività cerebrale
indipendenti dal sito di scansione e dalla diagnosi DSM, specifici per
sottogruppi di individui (biomarkers)
e replicabili. L’impiego di tali biomarker
potrà consentire di programmare un esercizio cognitivo utile per il paziente e indipendente
dall’approccio terapeutico tradizionale alla particolare categoria diagnostica.
[Cfr. Hawco C., et al. American Journal of Psychiatry Jan. 4, 2019].
Intervento di decompressione ossea
nella malformazione di Arnold-Chiari. La malformazione di Arnold-Chiari
(o di Chiari), caratterizzata dalla dislocazione del cervelletto verso il
basso, in direzione del forame occipitale e dello speco vertebrale, può essere
trattata con successo mediante il solo intervento di decompressione ossea, che
si è rivelato sicuro e decisivo. [Cfr.
Massimi L., et al. Acta Neurochir Suppl. 125: 119-124, 2019].
Dal modello del Framingham Heart Study ad una banca dati preziosa per le
neuroscienze. Cominciano ad emergere importanti informazioni dalla UK Biobank (UKB), il
progetto gestito dal team
dell’epidemiologo Rory Collins dell’Università di Oxford, che raccoglie dati
sulla genetica e sulla salute di 500.000 cittadini britannici. Ben 300 gruppi
di ricerca si sono iscritti per scaricare gli 8 terabytes di informazioni: una dimensione corrispondente ad oltre
5000 film in streaming. Sulla base di
questi dati si conducono numerosi progetti di ricerca e vari studi sono già
stati pubblicati o sono in corso di pubblicazione, con nuove acquisizioni sul
contributo genetico alla malattia di Alzheimer, alla patologia cardiovascolare,
al diabete, al peso alla nascita, alla depressione, allo stile di personalità,
all’insonnia e vari altri tratti. Si calcola che, ad oggi, circa 7000
ricercatori si sono registrati per impiegare i dati su 1400 progetti, e circa
600 articoli sono stati già pubblicati. La UKB si affianca all’analoga
banca-dati finanziata dai National Institutes of Health (NIH) negli USA (All of Us Biobank), che rileva e
memorizza informazioni di 1 milione di persone, alla China Kadoorie Biobank
relativa a 515.000 cinesi, e alla biobanca africana su 70.000 volontari,
finanziata dagli stessi NIH. [Cfr. Jocelyn Kaiser & Ann Gibbons,
Science – online news – Jan. 3, 2019].
Le differenze fra calcio femminile e
maschile non sono solo psicologiche. A lungo si è discusso
sull’influenza della psicologia femminile sulla differente interpretazione del
gioco del calcio da parte delle ragazze. Ora che le differenze sono nettamente
diminuite, cominciano ad emergere elementi biomeccanici e di costituzione
dell’apparato locomotore che sfavoriscono le donne nella versione più maschile
della pratica sportiva.
In uno studio recente sono state analizzate le cause della frequenza molto
più elevata nelle donne di lesioni del legamento crociato anteriore
dell’articolazione del ginocchio, mediante un approccio di simulazione
muscoloscheletrica. È risultato che nei movimenti di sollevamento del corpo, di
trazione e di scatto della gamba, come quando si genera un colpo secco nel
calciare il pallone, nelle donne il legamento crociato anteriore è notevolmente
più sollecitato che nell’uomo. Nel sesso maschile la componente meccanica di
forza generata dai muscoli del polpaccio (soleo e gastrocnemio che compongono
il tricipite della sura) è molto più elevata che nelle donne; pertanto, nello
stile maschile dell’esercizio, il contributo equilibratore del polpaccio nelle
donne risulta decisamente inferiore, esponendo ad una maggiore sollecitazione
il crociato anteriore. [Cfr. Sinclair J., et al. Eur J Appl Physiol. AOP – doi:
10.1007/s00421-018-04062-w, 2019].
Il rischio di negligere un potere da
mettere al servizio della salute psicofisica. Lunedi 7 gennaio 2019 la nostra
società scientifica ha affrontato il problema dell’indebolimento del soggetto nelle società post-moderne, quale deriva
culturale che, tra le numerose conseguenze negative, ha quella di ridurre la
consapevolezza di potersi autodeterminare, sviluppando ed esprimendo una forza
mentale potenzialmente presente in ciascuno di noi e legata alla coscienza del
potere soggettivo. A questa riduzione di consapevolezza ha dato un contributo
significativo la diffusione della tesi, nata in seno al determinismo biologico,
dell’illusorietà del libero arbitrio. I sostenitori di tale tesi citano a
supporto delle loro convinzioni i risultati di esperimenti relativi a scelte in
compiti sperimentali, che rivelano la comparsa di pattern di attività cerebrale connessi la scelta prima che il
soggetto compia l’operazione decisionale cosciente. Nella discussione è stato
spiegato perché tali esperimenti non provano la mancanza di libero arbitrio:
nelle prove si valuta, nella maggior parte dei casi, la decisione in compiti
psicomotori banali; in questi casi gli apprendimenti procedurali non coscienti
costituiscono un automatismo di base sul quale la volontà cosciente può
intervenire in fase esecutiva se si accorge che la scelta è sbagliata. Le
decisioni morali ed esistenziali importanti avvengono basandosi su complesse
memorie che costituiscono un patrimonio di conoscenza del soggetto: anni di
elaborazioni coscienti, e in ogni caso precedenti processi memorizzati, costituiscono
la base apparentemente automatica per scelte potenzialmente libere.
Discorso diverso è invece quello relativo alla realtà di condizionamenti
interni ed esterni che riducono l’effettivo esercizio del potere di scelta.
È importante conoscere le risorse della propria volontà – si diceva
richiamandosi anche alle riflessioni sviluppate al Seminario sull’Arte del
Vivere – perché queste possono essere impiegate per compiere percorsi di
apprendimento psicofisico tali da consentirci di cambiare stati funzionali
potenzialmente o francamente patologici.
Dalla struttura della volontà alla
concezione del divino in Seneca. Proseguendo la riflessione sulla struttura della
volontà in Seneca al Seminario sull’Arte del Vivere, si è sviluppata una
discussione sulla concezione dell’uomo e sull’antitesi dualistica di corpo e
anima. Ma quest’ultima ha rimandato ad un argomento particolarmente
affascinante, ossia la fede del filosofo di Cordova: Seneca era credente, ma in
un modo personale e problematico, che si è evoluto nel tempo lasciandoci le
vestigia di un percorso razionale e spirituale.
Se Seneca propone in modo provocatorio la tesi secondo cui il saggio supera
Giove, è perché il re degli dei greco-romani rappresenta per lui un’identità
simbolica, ancor più che una figura mitica, di riferimento culturale pressoché
universale ma priva del valore di realtà presente, vitale e assoluta. Non lo
identifica nemmeno lontanamente con la divinità: come Platone, e dunque
Socrate, la sua concezione del divino è prossima a quella ispirata dalla
cultura monoteista. Nella sua dicotomia, il corpo è una sorta di gabbia o
prigione dell’anima, la cui parte dominante, ossia la ragione, non è che un
frammento dell’intelligenza di Dio, calato nella dimensione corporea del
soggetto. La ragione è per Seneca un elemento che gli esseri umani hanno in
comune col divino, con la differenza che in Dio è perfetta, mentre negli uomini
è solo perfettibile.
Ma, come possiamo esprimere in sintesi la concezione di Dio per Seneca?
In realtà – come è stato notato dai principali studiosi – nel corso della
sua vita il filosofo di Cordova oscilla tra una visione monistico-panteistica
vicina al materialismo e frequenti spunti di tipo spiritualistico, associati a
problematiche della trascendenza rese di attualità dal ritorno delle idee di
Platone. Ecco come si esprime al riguardo Giovanni Reale: “Ma il tracciato
percorso dal pendolo nelle opere di Seneca tende ad ampliarsi sempre più e,
soprattutto nelle ultime, tende a spostarsi in modo considerevole verso
posizioni spiritualistiche, pur con i puntuali ritorni” (G. Reale, La filosofia di Seneca come terapia dei mali dell’anima,
p. 105, Bompiani, Milano 2004).
(Quanto questo “pendolo” sia stato
influenzato dall’oscillazione periodica fra quadri funzionali cerebrali
differenti non è dato sapere – è stato osservato nel corso della discussione).
Qui di seguito, seguendo Giovanni Reale, si elencano i requisiti della
divinità estratti dagli scritti di Seneca e proposti alla riflessione.
Il Signore, artefice e demiurgo, è mens
universi e totum fundavit, ossia
è la Ragione che produce e regge l’universo intero, ed è base e fondamento di
tutto. Si legge anche che è tutto ciò che vediamo e non vediamo, l’insieme
delle cose, dei fenomeni e delle loro cause. Si identifica con la Natura; è dispositor omnium e dà forma di ragione
all’universo intero. È statore, esattore, nomoteta, forza invincibile, potenza
auto-produttrice, causa prima e suprema, fato o destino. Dio, che legge e
conosce tutto, permea il mondo e sta nel mondo come l’anima dell’uomo abita il
corpo. Vicino al pensiero cristiano per questi requisiti: Padre, Provvidenza e
Bontà, in quanto il motivo e la finalità del suo operare è la bontà. (Nel
Vangelo, Gesù dice al giovane ricco che lo chiama buon maestro: “Perché dici
buono? Solo Dio è buono”).
Queste connotazioni aiutano a comprendere la concezione di Seneca. Il polo
del corporeismo materialistico dell’antico Stoicismo si nota soprattutto quando
Seneca ricollega Dio al fuoco dal quale deriverebbero e nel quale si
dissolverebbero tutte le cose, e quando lo associa strettamente allo “spirito”,
inteso come elemento materiale, forza motrice e vitale che alimenta ogni cosa.
Infine, è opportuno notare che il pensiero di Seneca diventa molto più
complesso per l’assunzione di alcuni elementi del Medioplatonismo, solo di
recente compresi, perché solo da qualche decennio si studia questa tendenza
filosofica.
Notule
BM&L-02 febbraio 2019
_____________________________________________________________________________________________________________________
La Società
Nazionale di Neuroscienze BM&L-Italia, affiliata alla International Society
of Neuroscience, è registrata presso l’Agenzia delle Entrate di Firenze,
Ufficio Firenze 1, in data 16 gennaio 2003 con codice fiscale 94098840484, come
organizzazione scientifica e culturale non-profit.